Mi sono offerto come interprete presso il centro sharazad a Bologna in occasione dell’incontro con Swamiji Jagdish Kapri.
Un ponte tra tradizioni: due giorni con Swamiji Jagdish Kapri al Centro Sharazad
Lo scorso fine settimana, presso il Centro Sharazad di Bologna, ho avuto l’onore di affiancare Swamiji Jagdish Kapri come interprete in un seminario dedicato allo Yoga delle Otto Membra secondo la tradizione Satyananda. Due giornate intense, dove la precisione della pratica si è intrecciata con una presenza serena e accogliente, tipica del maestro.
La profondità del metodo Satyananda
Swamiji ha guidato i partecipanti attraverso i principi dello Yoga classico di Swami Satyananda Saraswati, un percorso che unisce disciplina e sapienza antica. Al centro delle lezioni, i mudra – gesti simbolici che attivano energie sottili – e le tecniche di Nadi Shodana, presentate non come semplici esercizi, ma come strumenti di trasformazione interiore. Ogni pratica era accompagnata da spiegazioni teoriche che ne rivelavano il significato profondo, radicato nelle scritture yogiche. Un approccio che ricorda come lo Yoga sia, prima di tutto, una scienza dell’essere.
L’insegnamento: serietà e leggerezza
Ciò che ha reso queste giornate uniche è stato lo stile di Swamiji: una fusione di conoscenza millenaria e atteggiamento disteso, quasi sorridente. Nonostante la complessità degli argomenti, il maestro ha saputo trasmettere i concetti con chiarezza e calma, creando un’atmosfera in cui anche i dettagli più tecnici diventavano accessibili. La sua presenza misurata e rassicurante ha permesso a tutti di avvicinarsi alle pratiche senza tensione, come se ogni gesto fosse un invito a esplorare con fiducia.
Tradurre lo Yoga: un’esperienza di ascolto
Per me, interpretare per Swamiji è stata un’opportunità di studio attivo. Non si trattava solo di tradurre parole, ma di cogliere l’essenza di ciò che veniva trasmesso: ogni termine sanscrito, ogni indicazione pratica portava con sé strati di significato. Ho dovuto ascoltare con attenzione, quasi come se fossi contemporaneamente allievo e mediatore tra due lingue. Un esercizio che mi ha fatto comprendere ancora di più come lo Yoga sia, in fondo, una traduzione costante – di sensazioni, energie, stati di coscienza.
Una classe eterogenea, un’unica energia
Il gruppo era composto da persone con background molto diversi: attori, danzatori, praticanti di Yoga, curiosi senza esperienza pregressa. Eppure, nonostante questa varietà, tutti erano profondamente coinvolti. Le pratiche proposte – dai mudra agli esercizi di purificazione energetica – hanno creato uno spazio in cui ognuno poteva trovare il proprio ritmo. Era affascinante osservare come un ballerino, una yogini esperta e un principiante potessero respirare all’unisono durante il Nadi Shodana, o muoversi con la stessa concentrazione serena nelle sequenze guidate.
Un ringraziamento
Un grazie sincero a Sara del Centro Sharazad per aver reso possibile questo incontro: un’esperienza non solo di apprendimento, ma di connessione autentica. Perché lo Yoga, quando viene trasmesso con questa profondità e semplicità, diventa molto più di una pratica – diventa un linguaggio che unisce.
